Papi che leggono Dante
La ricezione dantesca nel magistero pontificio da Leone XIII a Benedetto XVI

10/2018 — Valentina Merla

€ 35,00

 

In un clima polemico tra cattolici e non cattolici, negli anni dell’Unità d’Italia, in cui una falange del patriottismo italiano aveva incasellato l’Alighieri sotto l’egida del ghibellinismo anticlericale, Leone XIII interviene assolvendo la Monarchia dalla colpa di eresia e ricollocando il pensiero di Dante in seno alla Chiesa. Sulla scorta di tale assoluzione, Pio X incentiva le iniziative per il VII centenario dantesco, Benedetto XV rivaluta il poeta con l’enciclica In praeclara summorum (1921), aprendo le porte al riuso che i pontefici successivi faranno del corpus degli scritti danteschi: Dante diventerà una auctoritas a supporto delle argomentazioni, per mezzo di una fitta trama di allusioni e citazioni. Nel 1965, in occasione del VI centenario dantesco, Paolo VI con la lettera apostolica Altissimi cantus definirà Dante teologo e Giovanni Paolo II si servirà della fonte dantesca non solo nei documenti del magistero, ma anche nella sua produzione letteraria, soprattutto nel Trittico romano.

Dopo aver conseguito la laurea specialistica in Filologia Moderna (Foggia, 2008) con una tesi sulla presenza di Dante nel magistero pontificio e nella teologia del Novecento, Valentina Merla si concentra sullo studio della ricezione dantesca negli scritti di Davide Rondoni. In seguito consegue in titolo di Dottore di Ricerca in Filologia, Letteratura e Tradizione discutendo una tesi sulla ricezione di Dante nel magistero pontificio contemporaneo. Dal 2015 è docente di ruolo.

ISBN 9788864792125

Giacenza indicativa a magazzino Fastbook3